Due ettari di specchi d’acqua, pesci e piante di ogni specie, un ecosistema formidabile che vive in un equilibrio quasi mistico e che ha bisogno di uomini, di diligenti artigiani che si occupino di coltivare e prendersi cura di tutto ciò. Ora fermatevi, chiudete gli occhi e immaginate questo ambiente. Dove siete? Mangiate del riso scotto con gamberi e verdure miste? Viaggiate per caso su lunghe canoe vietnamite, birmane o tailandesi? Non è ancora il momento, ci arriveremo più avanti in Oriente. Per adesso vi basterà spostarvi non di molto per vedere quel che vi ho descritto, potrete semplicemente figurarvi sulla strada che dai Castelli Romani degrada dolcemente nell’Agro Pontino fino a Latina. Proprio lì, non lontano dalla zona di Cistera e dal borgo di Sermoneta, potrete trovare il vivaio acquatico di Water Nursery.
Non molti giorni fa ho avuto la fortuna di contattare telefonicamente Valerio, il direttore del vivaio, che mi ha raccontato come si svolge il suo lavoro e quali siano le molte peculiarità della flora acquatica. Una delle prime domande che gli ho rivolto riguardava il rapporto che intercorre tra uomo, acqua e piante. La sua risposta è stata molto interessante. Subito è andato a sottolinearmi come talvolta si sia piuttosto diffidenti nei confronti delle ninfee proprio a causa della loro natura acquatica. Insomma, ci si lamenta che queste piante possano portare molte zanzare nel giardino o sul balcone. Valerio allora mi ha introdotto subito in questo fantastico mondo con un esempio pratico: le zanzare possono essere eliminate inserendo all’interno del nostro specchio d’acqua delle gambusie, dei piccoli pesci che si nutrono delle uova di quest’insetto. Subito mi è apparso chiaro come la prima cosa necessaria da capire è che tutto si basa su un equilibrio che non deve mai andare perduto, ma che deve continuamente ritrovarsi e riscoprirsi. E questo bilanciamento costante deve essere stabilito solo all’inizio della costruzione di un giardino acquatico, poi la manutenzione in realtà non sarà eccessiva, al massimo si tratterà di rabboccare l’acqua evaporata e riconcimare le piante quando ce ne sarà bisogno.
© Water Nursery
Questo discorso ha senza dubbio destato la mia curiosità e quindi ho voluto sapere di più circa due processi di sviluppo paralleli che Water Nursery sta portando avanti, cioè quelli di fitodepurazione e quello di rinaturalizzazione. È noto che uno dei problemi principali circa l’inquinamento delle nostre acque riguarda soprattutto gli scarichi industriali. Il processo fitodepurativo quindi, come mi ha ben spiegato Valerio, cerca di ripulire le nostre acque con un intervento assai poco invasivo e del tutto naturale, che vede al centro piante acquatiche di vario tipo, come ad esempio l’Iris acquatico o la Carex. Concretamente un impianto di fitodepurazione si presenta come una grande vasca costellata di piante, circondate a loro volta da un sub-strato in lapillo vulcanico, un materiale poroso che aiuta le piante a divorare i batteri motivo di corruzione dell’acqua. Le acque reflue entrano nella vasca quindi in uno stato di corruzione ed escono totalmente ripulite, dopodiché possono essere anche immesse nuovamente nei canali ed essere reimpiegate in vario modo. Un processo come quello descritto ha infatti abbattuto sicuramente non solo il tasso d’infestazione batterica, ma anche quello d’una gran varietà d’inquinanti, tra cui addirittura l’ammoniaca. Infine Valerio mi rivela che questo tipo d’impianto con formula fitodepurativa è senza dubbio più conveniente ed efficace di uno classico. L’usura è infatti ridotta a zero e solo i trattamenti invernali delle piante potranno impegnare chi utilizza questo sistema. Per quanto riguarda invece quell’altro grande processo di riequilibrio ambientale che è la rinaturalizzazione, mi viene spiegato che esso consiste nella restituzione al territorio di una componente di flora andata perduta, che può perciò tornare a contribuire, con il suo reinnesto, alla stabilità e alla ricchezza naturalistica dell’intero ecosistema.
La naturalizzazione delle piante acquatiche può esser molto spesso svolta nei pressi dei canali, dove esse andranno a svolgere in primis un ruolo depurativo, ma non solo, perché una pianta può essere una risorsa anche per il consolidamento delle sponde, andando così a prevenire molti di quei fenomeni di erosione del suolo e frana che risultano esser sempre più un problema in un’Italia tormentata dal dissesto idrogeologico. Le piante acquatiche riescono infatti a limitare anche la sedimentazioni di materiali fangosi da parte del letto del canale o del fiume, facendo in mondo quindi che la perdita di questi materiali possa inficiare negativamente sulla sponda che nel tempo potrebbe subire gravi conseguenze, fino ad arrivare al crollo.
© Water Nursery
Water Nursery dunque sembra presentarsi come un progetto in cui lo studio e la ricerca sono fondamentali, e perciò non stupirà scoprire che il vivaio possiede anche una vasta collezione di piante autoctone e diverse specie davvero rare. Valerio ha inoltre collaborato con alcuni progetti di ricerca legati all’università romana La Sapienza, confermando quindi una spiccata volontà di mantenere costante l’aspetto più innovativo della sua azienda. Un vivaio, come si è detto, di due ettari, tra i più importanti d’Europa, con richieste di fornitura e collaborazione che spaziano per tutto il continente, in una delle realtà vivaistiche, quella dell’Agro Pontino, tra le più attive d’Italia. Viene allora spontaneo chiedere come sia nato tutto questo. Lo faccio quindi, lo chiedo a Valerio e lui questa volta mi porta in un viaggio indietro nel tempo, alla giovinezza di suo padre. Questi da bambino si divertiva a collezionare le piante acquatiche che trovava in giro nella palude pontina e le portava a casa, dove se ne prendeva cura in dei piccoli laghetti costruitigli dal nonno di Valerio. Col tempo la collezione crebbe e divenne sempre più variegata, perciò il bambino, oramai diventato uomo, trasformò la sua passione in un vero e proprio lavoro, aprendo un vivaio tutto suo.
L’azienda con il tempo si è fatta più robusta e grande, e la passione paterna è passata al figlio, il nostro Valerio, che s’impegna per far sì che i livelli del vivaio possano rimanere i più alti possibile. Mi racconta quindi di come spesso parta per collaborazioni con architetti molto importanti, non solo in Italia, ma anche in Inghilterra, nazione in cui sembra lui intraveda un modello da imitare. Mi spiega infatti come gli inglesi siano dei veri e propri leader nella costruzione di giardini in cui tutto appare davvero perfetto. Esteticamente impeccabili e ricchi delle specie più disparate. A quanto pare è una questione di mentalità. Un modus operandi che sembra difficile da esportare in Italia. I viaggi però non si fermano qui, perché è ora che Valerio mi menziona per la prima volta l’Oriente, mi parla di Thailandia e Cina, ma spostandosi al di là dell’Atlantico, fa menzione anche dell’America. È in queste tre vaste regioni che si trovano a quanto pare i migliori ibridatori di piante acquatiche. Costoro si occupano di un’operazione genetica meticolosissima, di mendeliana memoria, che cerca ogni anno di fornire al mercato dei collezionisti e degli amanti delle ninfee un nuovo bellissimo ibrido da poter ammirare e ovviamente acquistare. Valerio mi racconta che si tengono dei veri e propri concorsi internazionali, durante i quali viene decretata la nuova ninfea più pregiata, che ovviamente si muoverà su fasce di prezzo più alte e susciterà le bramosie degli amanti di queste meravigliose piante. Sta anche al vivaista andare a caccia di quella che potrebbe essere una potenziale vincitrice del concorso, facendo in modo d’accaparrarsela a prezzi più vantaggiosi prima che essa possa poi lievitare di costo. È un’operazione fatta di esperienza ed intuito, due pregi che Valerio prova a mettere a frutto quando attraversa il mondo per scegliere i migliori ibridi di ninfee. Questi racconti mi hanno ricordato un vecchio libri di Baricco, Seta, dove un mercante francese di fine Ottocento raggiunge il Giappone per acquistare i bachi più rinomati che esistano. In questo contingente storico così sfortunato come il nostro, l’avventura letteraria del libro, come quella reale di Valerio sembrano tremendamente lontane, quasi impossibili, e nasce inevitabilmente come una sorta di malinconia mista a rabbia. È questo quello che si sente anche nella voce di Valerio che, dopo tanto sangue e sudore, era riuscito ad ampliare proprio quest’anno il vivaio, ma che si è trovato costretto per colpa del virus a rimanere chiuso durante la stagione primaverile, la più fortunata per chi lavora in quest’ambito. Scopro inoltre che la globalizzazione sfrenata sta uccidendo il raffinatissimo mercato delle ninfee, con metodi di vendita spesso illegali che eludono il sistema fiscale e costringono chi rimane più integerrimo “a galleggiare”, come non a caso dice Valerio, e di certo non aiutano nessuno a nuotare verso nuove e più luminose mete. Water Nursery ha aperto infatti solo da poco uno shop online, costretto dalle contingenze più che da una vera e propria volontà di intraprendere questa strada. Valerio infatti mi confessa d’amare e preferire nonostante tutto il contatto con il cliente, che può esser accompagnato nella scelta migliore per le sue esigenze e godere con i propri occhi dello spettacolo di questi fiori.
Torneranno di sicuro tempi migliori, speriamo solo che ci si possa confrontare allora con un mondo che sappia valorizzare le differenze e le peculiarità di ogni terra, senza cercare un appiattimento forzato in cui tutto è uguale a tutto, un mondo che sappia imitare un po’ quel vivaista che per portare una novità nella sua terra deve viaggiare, cercare e conoscere un’altra nazione e altri luoghi, arrivando infine ad arricchire sé stesso ed il suo territorio.