Nell’angolo sud-ovest dell’Isola del Sud, in Nuova Zelanda, c’è il Wāhipounamu.
Te Wāhipounamu in lingua Maori significa Il luogo della pietra verde, con questo nome ci si riferisce ad un insieme di quattro parchi naturali – Aoraki/Mount Cook, Fiordland, Mount Aspiring, Westland Tai Poutini – dichiarato nel 1990 Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
In questi luoghi le ere glaciali hanno scavato la roccia, frastagliando le rive in isolette di pietra, creando fiordi sulla costa e dolci vallate chiuse tra montagne verdi. Le acque sono conservate in antichi ghiacciai che coprono le creste dei moti, dove lingue di neve fondono al sole, liberando ruscelli e fiumiciattoli che precipitano giù nei propri corsi fino ai grandi laghi. Uno di questi, il lago Wanaka, si estende per 192 km² e dalle sue acque affiora un salice solitario.
Un albero da cartolina
Nell’immensa distesa del lago Wanaka, quest’albero affonda le sue radici in un isolotto sabbioso a una decina di metri dalla riva e a chi lo guarda dà l’impressione di innalzarsi direttamente dal pelo dell’acqua. Un vero scenario da cartolina, con le acque che si fanno dorate e violette al tramonto e nell’alba, o di notte, quando il roteare delle stelle si specchia nel lago e, allora, tra quelle montagne improvvise di rocce e di verde, ci sono due cieli.
Tutta questa meraviglia fa sì che il salice solitario riceva visite continue da sciami di di turisti a caccia della miglior foto da pubblicare sui social. L’albero del lago Wanaka è infatti uno degli alberi più fotografati al mondo, tanto famoso da avere un hastag su Instagram tutto suo: #thatwanakatree.
Con l’aumentare della popolarità del luogo, visitatori e fotografi, oltre ad aumentare di numero, aumentano la propria invadenza e arrivano sempre più spesso ad entrare a nuoto nel lago fino a raggiungere l’albero per arrampicarcisi o appendersi ai suoi rami. Questi comportamenti di alcuni turisti rappresentano un serio rischio per i sottili rami dell’albero che, in alcuni casi, sono anche stati anche spezzati.
© Kerrie Waterworth
Le fibre fragili del paesaggio naturale
In un intervista rilasciata a Lonely Planet, l’ufficiale del Consiglio distrettuale dei Laghi di Queenstown, Tim Errington ha spiegato la particolare condizione della pianta partendo dal suo nome scientifico: Salix fragilis, nome che deriva proprio dal fatto che il suo legno è molto fragile e si rompe facilmente. In più l’albero non riesce a svilupparsi al meglio perchè le sue radici sono spesso totalmente sommerse dall’acqua fredda, cosa che rallenta la sua crescita, minando la resistenza del legno.
Insomma, un albero fragile dalla fragile bellezza. Per cercare di preservarla verranno installati dei cartelli e dei pannelli informativi con lo scopo di avvertire i turisti riguardo la delicatezza dell’albero. Questa però è una misura che a lungo si è voluta evitare proprio per non intaccare il fascino incontaminato del luogo con un sistema di segnaletica troppo evidente.
Oltre alle fibre dell’albero di Wanaka, infatti, ogni paesaggio naturale è profondamente delicato nel proprio equilibrio, rispetto a cui anche le azioni finalizzate alla protezione rappresentano spesso una contaminazione. Il salice solitario, circondato dall’acqua sembra essere sospeso e in attesa. In attesa che l’uomo, sulle meraviglie della natura, possa imparare a posare solo il suo sguardo stupefatto invece che le proprie mani pesanti.